Il nuovo mercato del vino italiano? È l’Italia. Parola dei bidoni del vetro

Il nuovo mercato del vino italiano È l'Italia. Parola dei bidoni del vetro

EDITOTORIALE – Ieri sera, come ogni domenica, sono sceso a buttare il vetro. Vivo in un condominio. Mi tocca. Il fatto è che ogni volta la vivo peggio. Ogni volta scendo le scale come scendessi all’Inferno. Un po’ come Dante. Ma senza gironi, né tantomeno Virgilio. Scendo solo. E torno solo. Più sconsolato di prima.

Mica perché sia faticoso portar giù una decina di bottiglie. Piuttosto perché, ogni settimana, il mio timore che questo Paese stia sbagliando quasi tutto – nella comunicazione, nel marketing, nel proporre all’estero i propri vini con l’entusiasmo di un bulldog francese, che non conosce in realtà poi così bene i limiti del proprio corpo – si accresce e mi spaventa più della volta prima.

Che il nuovo mercato del vino italiano sia l’Italia stessa, lo dimostrano quei bidoni pieni di birre industriali e vini da una manciata di centesimi di euro che trovo, mentre getto fiero i “cadaveri” delle mie serate e cene da critico enofighetto (che non sono, peraltro!).

Mentre sto per finire il mio Fendant 2011 di Domaine de Beudon, il vicino di casa è già sceso tre volte a buttare 8 lattine di birra. Mentre mi godo l’ultimo sorso del Riesling 2019 di Sepp Moser, quello del piano di sopra è già alla quarta sigaretta, sul tragitto fra l’uscio dell’appartamento e la sala spazzatura, in garage: un’ottima scusa per smettere di sentire i bambini gridare, quelle 6 bottiglie da mezzo litro di birra Moretti da buttare.

Mentre svuoto l’ultima bottiglia di Barbera di Monsupello, alternandola con lo Chinon di Dumnacus Vignerons (chi mi conosce sa quanto apprezzo il Cabernet Franc, anche d’estate!), la famiglia del mio dirimpettaio s’è scolata litri e litri di Ichnusa, litri e litri di Fanta e litri e litri di Carintia, nientedimeno che la “Premium Beer” di Md Discount.

Per non parlare di tutta quella Vodka Orange “Ready to drink Cocktail” con cui devono aver festeggiato quei mattacchioni della finestra di fronte, mentre io bevevo Franciacorta, Meursault e Pinot Nero Metodo classico di quella stessa cantina del Barbera (viva l’Oltrepò pavese della qualità vera), o assaggiavo l’ultimo vino di quel genio di Mario Piccini, “Pinocchio”.

Il tutto mentre cerchiamo di convincere l’estero di essere i migliori, perlopiù con le aziende sbagliate; mentre investiamo centinaia di migliaia di euro in progetti per l’internazionalizzazione (di chi?); mentre invitiamo in Italia buyer esteri travestiti da giornalisti, ai press tour in cui c’è sempre meno spazio per la stampa italiana (quella vera, perché per quella tarocca e prezzolata c’è e ci sarà sempre un posto a tavola); mentre puntiamo tutto sull’export, «perché è più redditizio e quelli pagano, mica come gli italiani»… Dimentichiamo quanto siano tristi, quei bidoni, ogni domenica sera.

Ci dimentichiamo quanto sia triste il bere quotidiano di molti (troppi) italiani, snobbati dalla stampa, snobbati dalla critica, snobbati dalla comunicazione. Snobbati dalle cantine italiane (troppe) che hanno smesso di raccontarsi, nel loro Paese, puntando spesso su fiere e mercati su cui scommettere, come su vere e proprie incognite. Lasciando i bidoni condominiali dei palazzi italiani riempirsi di nient’altro che del vuoto lasciato: l’inferno del vino italiano. Un po’ anche il mio.

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